Battaglia di Munda (214 a.C.)

La battaglia di Munda venne combattuta nel 214 a.C. tra l'esercito cartaginese e quello romano in Spagna nei pressi della città di Munda (oggi Montilla).

Battaglia di Munda
(214 a.C.)
parte della seconda guerra punica e
della conquista romana della Spagna
Data214 a.C.
LuogoMunda (l'attuale Montilla) - Spagna
EsitoEsito incerto
Schieramenti
Comandanti
Effettivi
2 legioni
Perdite
sconosciute12.000 morti, quasi 3.000 prigionieri, 57 insegne catturate.[4]
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Contesto storico

Lo storico greco Polibio affermava che tre furono i motivi principali della seconda guerra tra Romani e Cartaginesi:

  1. la prima causa scatenante della guerra tra Romani e Cartaginesi fu lo spirito di rivalsa del padre di Annibale, Amilcare Barca.[5] Costui, se non ci fosse stata la rivolta dei mercenari contro i Cartaginesi, avrebbe ricominciato a preparare un nuovo conflitto.[6] Si racconta, inoltre, che Annibale prima di partire era stato condotto al cospetto degli dei della città dal padre che gli aveva fatto giurare odio eterno a Roma.[7] Annibale, poco più che bambino, aveva compreso il significato intimo del giuramento. A 26 anni, capo dell'esercito, idolatrato dai suoi uomini con cui aveva vissuto per anni condividendo pericoli e disagi, impresse una svolta decisiva alla politica cartaginese in Spagna, ampliandone le conquiste.[8]
  2. Seconda causa della guerra, sempre secondo Polibio, fu l'aver dovuto sopportare, da parte dei Cartaginesi, la perdita del dominio sulla Sardegna e sulla Corsica con la frode, come ricorda Tito Livio, e il pagamento di ulteriori 1.200 talenti in aggiunta alla somma pattuita in precedenza al termine della prima guerra punica.[9][10]
  3. Terza ed ultima causa fu l'aver conseguito numerosi successi in Iberia da parte delle armate cartaginesi, tanto da destare negli stessi un rinnovato spirito di rivalsa nei confronti dei Romani.[11]

In effetti Polibio contestava le cause della guerra che lo storico latino Fabio Pittore avrebbe individuato nell'assedio di Sagunto e nel passaggio delle armate cartaginesi del fiume Ebro. Egli riteneva si trattasse soltanto di due avvenimenti che sancivano l'inizio cronologico della guerra, ma non le cause profonde della stessa.[12] Il trattato del 226 a.C. fissava nell'Ebro il limite dell'espansione punica, ma alcune città, anche se comprese nel territorio controllato dai cartaginesi erano alleate di Roma: Emporion, Rhode e la più famosa di tutte, Sagunto.Questa città era situata in posizione munitissima in cima a un'altura; la sua conquista avrebbe permesso ad Annibale di addestrare e temprare il suo esercito migliorandone l'esperienza, la coesione e le capacità belliche. E Sagunto verosimilmente fu scelta dal condottiero cartaginese deliberatamente come casus belli.[13][14]

Adducendo la motivazione che Sagunto si trovava a sud dell'Ebro e quindi rientrava nei territori di competenza dei Cartaginesi e non dei Romani, Annibale dichiarò guerra alla città.[13] Sagunto chiese aiuto a Roma che però si limitò a inviare degli ambasciatori che Annibale non ricevette.[15] Sagunto venne attaccata nel marzo del 219 a.C. e sottoposta a un drammatico assedio[14][16] che si protrasse per otto mesi senza che Roma decidesse di intervenire; tristemente famosa la disperata richiesta dei delegati:

(IT)

«Mentre a Roma si discute, Sagunto cade»

Alla fine, la sfortunata città, stremata dopo otto mesi di fame, battaglie, lutti e disperazione si arrese e venne rasa al suolo.[13][14][17][18]

I Cartaginesi provarono a difendere il loro operato e quello di Annibale, adducendo come scusa che nel trattato precedente dopo la prima guerra punica non si faceva alcun cenno all'Iberia e quindi all'Ebro,[19] ma Sagunto era considerata alleata ed amica del popolo romano.[20] La guerra fu inevitabile,[14][21] solo che come scrive Polibio, la guerra non si svolse in Iberia [come auspicavano i Romani] ma proprio alle porte di Roma e lungo tutta l'Italia.[22] Era la fine del 219 a.C. e iniziava la seconda guerra punica.[23][24]

In seguito (218 a.C.) i Romani inviarono in Spagna i due Scipioni, Gneo e Publio, i quali avevano deciso di dividere tra loro l'esercito, in modo che Gneo comandasse la guerra per terra e Publio per mare (216 a.C.).[25] Seguirono due anni di continui scontri tra Romani e Cartaginesi per il predominio della penisola iberica (Battaglia di Cissa, Battaglia del fiume Ebro e Battaglia di Dertosa).

Casus belli

E mentre continuava la logorante guerra in Italia, la campagna in Spagna aveva assunto un ruolo sempre più importante. La Hispania Ulterior si sarebbe ribellata ai Romani se Gneo e suo fratello Publio Cornelio Scipione non avessero oltrepassato l'Ebro, per incoraggiare gli animi incerti.[26] I Romani inizialmente posero il loro accampamento presso Castrum Album (Alicante), famosa località per una cocente sconfitta rimediata in passato da Amilcare il Grande.[27] La rocca era fortificata. In essa i Romani vi avevano posto importanti riserve di grano, tuttavia erano stati sorpresi dalla cavalleria nemica e 2.000 di loro erano stati uccisi. Fu così che si erano ritirati, accampandosi presso il "monte della Vittoria". Qui giunsero i due Scipioni con l'esercito al gran completo. Contemporaneamente Asdrubale Giscone con un esercito completo si posizionò al di là del fiume, di fronte all'accampamento romano.[3] Livio racconta che Publio, partito per un giro d'ispezione, venne sorpreso da un contingente nemico, che lo costrinse a rifugiarsi su un'altura e, se non fosse stato per il pronto intervento del fratello Gneo, sarebbe stato pesantemente sconfitto.[28] In questo stesso periodo Castulo, che aveva dato i natali alla moglie di Annibale, passò dalla parte dei Romani. Intanto i Cartaginesi si apprestarono ad assediare Iliturgi, dove si trovava un presidio romano dall'anno precedente. Si racconta che Gneo Scipione, partito in soccorso dei suoi con una legione, passò in mezzo a due accampamenti nemici, facendone grande strage e riuscendo a penetrare all'interno di Iliturgi; il giorno seguente ci fu una nuova battaglia, al termine della quale rimasero uccisi ben 12.000 nemici. Vennero inoltre fatti prigionieri più di mille uomini e vennero sottratte 36 insegne nemiche.[29] Così i Cartaginesi si ritirarono da Iliturgi e si recarono a Bigerra (forse l'odierna Bogarra), nel territorio degli Oretani, anch'essa alleata dei Romani. E anche questa volta l'intervento di Gneo Scipione pose fine all'assedio senza dover combattere.[30]

Battaglia

I Cartaginesi, dopo questo ennesimo scontro, preferirono trasferire i propri accampamenti nei pressi di Munda (l'odierna Montilla) e i Romani li seguirono. Anche in questa occasione scoppiò una nuova battaglia che durò per quattro ore circa. E per quanto i Romani stessero vincendo, Gneo Scipione venne ferito al femore da un proiettile, costringendo il suo staff a dare il segnale della ritirata, mentre i soldati impauriti temevano che si trattasse di una ferita mortale.[31]

«Per altro non ci furono dubbi che, se non fosse sopravvenuta quell’interruzione, si sarebbe potuto, quel giorno, conquistare l’accampamento cartaginese. Già non soltanto i soldati, ma anche gli elefanti erano stati cacciati fino al vallo, e sul vallo stesso trentanove elefanti erano stati trafitti da giavellotti

Sembra che al termine della battaglia furono uccisi 12.000 uomini tra le file cartaginesi, oltre a quasi 3.000 prigionieri e catturate 57 insegne.[4]

Conseguenze

A questo punto i Cartaginesi preferirono ritirarsi a Orongi (Aurinx, probabilmente posizionata tra Monclova e Jimena de la Frontera[32]), dove i Romani li inseguirono per incalzarli mentre erano ancora terrorizzati per la sconfitta subita.[33]

Note

  • ^ Livio, XXIV, 42.5.
  • Bibliografia

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