Parabola del ricco stolto

parabola di Gesù
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La parabola del ricco stolto o parabola dell'avaro è una parabola di Gesù, presente nel Vangelo secondo Luca (Lc 12,16-21) e nel Vangelo di Tommaso (63). Tratta della futilità di credere che la ricchezza possa assicurare prosperità o una bella vita.

La parabola del ricco stolto di Rembrandt, 1627.

Rappresentata da diversi artisti, il più noto di questi fu Rembrandt.

Parabola

Vangelo secondo Luca

Un membro della folla che sta ascoltando Gesù gli sottopone una disputa finanziaria familiare:[1]

«Uno della folla gli disse, "Maestro, di a mio fratello di dividere l'eredità con me."

Ma egli gli disse, "O uomo, chi mi ha costituito giudice e arbitro su di voi?" Disse poi a loro, "Fate attenzione! Guardatevi dall'avarizia, perché la vita di uno non consiste nell'abbondanza delle cose che possiede."»

Gesù prosegue con la seguente parabola:

«Ed egli disse loro una parabola: «La tenuta di un uomo ricco diede un abbondante raccolto; ed egli ragionava fra sé dicendo: "Che farò, perché non ho posto dove riporre i miei raccolti?". E disse: "Questo farò, demolirò i miei granai e ne costruirò di più grandi, dove riporrò tutti i miei raccolti e i miei beni, poi dirò all'anima mia: Anima, tu hai molti beni riposti per molti anni; riposati, mangia, bevi e godi. Ma Dio gli disse: "Stolto, questa stessa notte l'anima tua ti sarà ridomandata e di chi saranno le cose che tu hai preparato?". Così avviene a chi accumula tesori per sé e non è ricco verso Dio."»

Vangelo di Tommaso

Come tipico del Vangelo di Tommaso, qui è presente solo la parabola, senza storia al contorno:[2]

«Gesù disse: C'era un uomo ricco che aveva molti possedimenti. Egli disse: userò i miei possedimenti in modo che io possa semirare e piantare e raccogliere, e riempire i miei granai con i frutti, così che non abbia bisogni di nulla. Questi erano i suoi pensieri nel suo cuore. E quella notte egli morì. Chi ha orecchie ascolti.»

Interpretazione

Il ricco contadino in questa parabola è ritratto negativamente, come un esempio di cupidigia e avarizia.[1] Rimpiazzando le stalle che ha, egli non usa la terra per coltivarla, bensì per massimizzare le proprie entrate, attendendo il prezzo migliore per la vendita successiva.[1] Sant'Agostino commenta come il contadino abbia "pianificato di riempire la sua anima di eccessi e gioie non necessarie e di essere orgoglioso di disgregare tutte quelle pance vuote dei poveri. Egli non realizza che le pance vuote dei poveri sono più sicure delle sue stalle."[3]

Arland J. Hultgren ha commentato questa parabola notando come essa "provvede un esempio di cosa uno non debba essere. La persona la cui identità è legata a ciò che possiede, al suo status, e/o alle conquiste che ha raggiunto o direziona la sua vita solo verso quello scopo può facilmente rimanere sordo alla chiamata di Dio ed ai bisogni del vicino."[4] La conversazione del contadino con sé steso è incentrata unicamente su di sé: l'uso del pronome in terza persona si presenta ben 11 volte.[4] In termini retorici, è un esempio di stream of consciousness, di monologo interiore, che serve a scopo narrativo a informare il lettore della tragica fine del personaggio, dell’hubris di cui si macchia.[5]

La stoltezza del ricco risiede in particolare nel fatto che la ricchezza non possa garantirgli il futuro: il Giorno del Giudizio arriverà prima di quanto lui si aspetti.[6]

Rappresentazioni artistiche

La parabola è stata dipinta da diversi artisti tra cui Rembrandt, Jan Luyken, James Tissot e David Teniers il Giovane.

Note

Voci correlate

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