Calendario berbero

Per calendario berbero si intende il calendario agrario tradizionalmente in uso nelle regioni del Maghreb. Questo calendario è noto in arabo anche con l'epiteto di ﻓﻼﺣﻲ, fellāḥī ("contadino") o ﻋﺠﻤﻲ, cajamī ("non arabo"). Esso viene impiegato per regolare i lavori agricoli stagionali, al posto del calendario islamico che, essendo di tipo lunare senza alcun legame coi cicli delle stagioni dell'anno, è utile per calcolare le festività religiose ma si presta male ad un uso in agricoltura.[2]

Le stagioni in Marocco: i monti dell'Atlante in gennaio e in aprile.
(BER)

«Ttettesen iyaren, ttlalan-d
Iseggasen ttlalan-d ttmettan
U yettdimi day Rebbi
»

(IT)

«I mesi si coricano e rinascono
Gli anni nascono e muoiono
Dio solo è eterno»

I calendari più antichi

Sulla divisione del tempo presso i berberi dell'antichità ben poco è dato di sapere. Alcuni elementi di un calendario preislamico e quasi certamente anche preromano emergono da alcuni scritti medievali studiati da N. van den Boogert. Alcune coincidenze con il calendario tradizionale dei Tuareg fanno pensare che effettivamente nell'antichità esistesse, con una certa diffusione, un computo del tempo "berbero", organizzato su basi autoctone (van den Boogert 2002: 143-144, 148-149).

Tab. 1 - I mesi berberi
ricavati da opere medievali

  (van den Boogert 2002)
 Nome del mese"Significato"
1tayyuret tezwaretPiccola luna 1°
2tayyuret teggweratPiccola luna 2°
3yardut?
4sinwa?
5tasra tezwaretIl branco 1°
6tasra teggweratIl branco 2°
7awdayeɣet yezwarenIl piccolo dell'antilope 1°
8awdayeɣet yeggweranIl piccolo dell'antilope 2°
9awzimet yezwarenIl piccolo di gazzella 1°
10awzimet yeggweranIl piccolo di gazzella 2°
11ayssi?
12nim?

Non disponendo di elementi sufficienti a ricostruire integralmente questo calendario originario, si possono solo rilevare alcune caratteristiche interessanti, per esempio il fatto che parecchi nomi di mesi compaiono a coppie (nel mondo tuareg anche a gruppi di tre), il che fa pensare a una divisione del tempo diversa da quella odierna in mesi di circa 30 giorni (van den Boogert 2002: 141-146).

Qualche ulteriore informazione, difficile però da precisare e da mettere in relazione con la situazione del resto del Nordafrica, si può ricavare da quanto si sa del computo del tempo presso i Guanci delle Isole Canarie. Secondo un manoscritto del XVII secolo di Tomás Marín de Cubas, essi

«computavano il loro anno, chiamato Acano, per lunazioni di 29 giorni (soli) a partire dalla luna nuova. Esso cominciava in estate, quando il sole entra nel Cancro il 21 giugno: alla prima congiunzione (cioè alla prima luna nuova dopo il solstizio d'estate) facevano nove giorni di festa per il raccolto[3]»

Lo stesso manoscritto rileva (in modo poco chiaro)[4] che di questi eventi calendariali venivano fatte registrazioni grafico-pittoriche (tara) su diversi supporti, e su questa base alcuni studiosi moderni hanno voluto ritrovare descrizioni di eventi astronomici legati ai cicli annuali in una serie di pitture geometriche trovate in alcune caverne dell'isola di Gran Canaria, ma i risultati di questi studi sono per ora altamente ipotetici[5].

Si possiede anche il nome di un solo mese nella lingua autoctona, tramandato come Beñesmet o Begnesmet. Sembra fosse il secondo mese dell'anno, corrispondente al mese di agosto[6]. Tale nome, qualora fosse composto da qualcosa come *wen "quello di" + (e)smet (o (e)zmet?), potrebbe trovare, nella lista dei mesi berberi medievali, una corrispondenza con il nono e il decimo, mese, awzimet (propriamente aw "figlio di" + zimet "gazzella"). Ma i dati sono troppo scarsi per poter approfondire questa ipotesi[7].

Il calendario attuale (giuliano)

Il calendario agricolo berbero ancor oggi in uso deriva quasi certamente dal calendario giuliano, introdotto nell'Africa romana all'epoca della dominazione di Roma, come dimostrano diverse circostanze:

  • i nomi dei mesi di questo calendario (tanto in berbero che in arabo magrebino), derivano evidentemente dai corrispondenti nomi latini;
  • l'inizio dell'anno (il primo giorno di yennayer) corrisponde al 14 gennaio (anche se alcune fonti considerano il 12[8]) del calendario gregoriano, il che coincide con lo scarto di 13 giorni che si è prodotto nei secoli tra date astronomiche e calendario giuliano[9];
  • la lunghezza dell'anno e dei singoli mesi è la stessa del calendario giuliano: tre anni di 365 giorni seguiti da un anno bisestile di 366, senza eccezioni (e mesi di 30 e 31 giorni, con il secondo di 28). La sola, leggera, divergenza sta nel fatto che il giorno in più negli anni bisestili non viene di solito aggiunto alla fine di febbraio ma alla fine dell'anno[10].

Nonostante ciò, J. Servier ha espresso riserve sul fatto che questo calendario rappresenti un prolungamento senza soluzione di continuità del calendario giuliano di epoca latina, e ha ipotizzato, senza prove, che esso provenisse da un calendario copto portato in Nordafrica dagli Arabi[11]. Si tratta però di un'ipotesi senza fondamento. A parte il fatto che la struttura del calendario copto è estremamente diversa da quella del calendario berbero, le premesse da cui egli è partito (non si sarebbero mantenute tracce delle antiche denominazioni delle calende, idi e none del calendario romano) sono erronee: infatti, El Qabisi, un giureconsulto islamico di Qayrawan dell'XI secolo, condannava l'usanza di festeggiare nelle ricorrenze dei "pagani", e citava, tra gli usi tradizionali del Nordafrica, quello di celebrare le Calende di gennaio (Qalandas nel testo) (Idris 1954)[12].

I mesi

Tab. 2 - I nomi dei mesi in varie zone del Maghreb (in vari dialetti berberi e arabi)
MonthRif-Tamazight (Nord-Centro Marocco)Chleuh (Sud Marocco)Cabilo (Algeria)Berbero di Jerba (Tunisia)Arabo tunisinoArabo libico
GennaioYennayerInnayr(Ye)nnayerYennárYenna(ye)rYannayer
FebbraioYebrayerXubrayrFurarFurárFura(ye)rFebrayer
MarzoMaresMarsMeɣresMars MarsuMars
AprileYebrirIbrir(Ye)brirIbrír AbrilIbril
MaggioMayMayyuhMagguMayuMayuMayu
GiugnoYunyuYunyuYunyuYunyuYunyuYunyu
LuglioYulyuzYulyuzYulyu(z)YulyuYulyuYulyu
AgostoƔuctƔuctƔuctƔuctAwussuAghustus
SettembreCutembirCutanbirCtemberCtámberShtamberSeptember
OttobreKtuberkṭuber(K)tuberKtúberUktuberUktuber
NovembreNwambirDuwanbirNu(ne)mberNumbírNufemberNuvamber
DicembreDujembirDujanbirBu- (Du-)jemberDujámberDejemberDecember

Le "Porte dell'Anno"

Al di là dei singoli mesi, all'interno del calendario agricolo tradizionale si trovano ulteriori ripartizioni, per "stagioni" o per "periodi forti", contrassegnati da particolari ricorrenze e celebrazioni. Per i momenti cardine dell'anno J. Servier utilizza il nome suggestivo di "Porte dell'anno" (cabilo tibbura useggwas, singolare tabburt useggwas)[13], anche se questo termine sembra di norma usato, al singolare o al plurale, per indicare in particolare il periodo del solstizio d'inverno[14] e l'inizio dell'anno "agricolo"[15].

Delle quattro stagioni non tutte hanno conservato una denominazione berbera: i nomi della primavera e dell'estate sono usati quasi dovunque, più raramente l'inverno e, tra i berberi del nord, solo nel Gebel Nefusa, in Libia, permane anche il nome berbero dell'autunno.

  • Primavera tafsut (ar. er-rbic) - Inizio il 15 furar (= 28 febbraio)
  • Estate anebdu (ar. es-sif) - Inizio 17 mayu (= 30 maggio)
  • Autunno amwal / aməwan[16] (ar. le-xrif) - Inizio 17 ghusht (= 30 agosto)
  • Inverno tagrest (ar. esh-shita') - Inizio 16 numbír (= 29 novembre)

Un elemento interessante è la contrapposizione esistente tra due periodi di 40 giorni ciascuno, quello considerato di maggiore freddo nell'inverno ("Le notti", llyali) e quello di maggior calore in estate ("La canicola", ssmaym, awussu)[17].

Llyali

Una pagina di calendario tunisino, che mostra la corrispondenza del 1 Yennayer 'ajmi (in rosso in basso) con il 14 gennaio del calendario gregoriano. La scritta in fondo segnala che è capodanno ajmi e che cominciano al-lyali al-sud ("le notti nere")

Il periodo di maggior freddo è costituito da 20 "notti bianche" (berbero lyali timellalin, arabo al-lyali al-biḍ), dal 12 al 31 dujamber (25 dicembre - 13 gennaio gregoriano), e 20 "notti nere" (berbero lyali tiberkanin, arabo al-lyali al-sud), con inizio il primo giorno di yennayer, corrispondente al 14 gennaio gregoriano, e fino al 20 dello stesso mese[18]. In alcune regioni, il periodo di venti giorni precedenti l'inizio di yennayer era caratterizzato da un digiuno (rispettato soprattutto dalle donne anziane)[19].

Yennayer

Il primo giorno dell'anno viene celebrato in modi diversi nelle diverse regioni del Maghreb. Perlopiù è tradizionale un pasto con cibi particolari, diversi da regione a regione (per esempio un cuscus alle sette verdure), ma in molte regioni è anche previsto il sacrificio di un animale (di solito un pollo).[20]

Un tratto caratteristico di questa festività, che spesso si confonde con quella islamica dell'ashura (vedasi più avanti), è la presenza, in molte regioni, di invocazioni rituali con formule tipo bennayu, babiyyanu, bu-ini, ecc., tutte espressioni che, secondo molti studiosi, potrebbero rappresentare la corruzione di antichi auguri di bonus annus/bonum annum[21].

Un aspetto curioso delle celebrazioni di Yennayer riguarda la data del capodanno. Benché la data di questa ricorrenza fosse un tempo dovunque il 14 gennaio[22], per un probabile errore introdotto da alcune associazioni culturali berbere molto attive nel restaurare usanze in via di sparizione, oggi in gran parte dell'Algeria è opinione comune che la data del "capodanno berbero" vada considerata il 12 e non il 14 gennaio. In precedenza la celebrazione in corrispondenza del 12, due giorni prima di quella tradizionale, era stata esplicitamente segnalata nella città di Orano[23].

Lḥusum/imbarken

Prima che finisca del tutto il freddo e cominci in pieno la primavera, vi è un periodo dell'anno molto temuto, di dieci giorni a cavallo tra i mesi di furar e mars (gli ultimi 5 di furar e i primi 5 di mars). È un periodo caratterizzato da forti venti e in cui l'uomo dovrebbe cessare molte attività (agricole e artigianali), non dovrebbe sposarsi né uscire la notte, e in generale dovrebbe lasciare campo libero a delle potenze misteriose, che in quel periodo sono particolarmente attive e celebrano i propri matrimoni (queste creature a Gerba vengono chiamate, per tabù linguistico, imbarken, cioè "i benedetti" e danno il nome a tutto questo periodo)[24].

Ssmaym/Awussu

Come il freddo intenso dell'inverno, anche la canicola dura 40 giorni,[25] dal 12 yulyuz (equivalente al 25 luglio) al 20 shutanbir (equivalente al 2 settembre). Il momento centrale del periodo è il primo di ghusht ("agosto") (anche il nome di awussu, diffuso in Tunisia e Libia, sembra risalire al latino augustus) In questa data vengono compiuti particolari riti, di evidente tradizione preislamica ma anche precristiana. Si tratta in particolare di falò estivi (che peraltro in molte località si svolgono intorno al solstizio d'estate: un'usanza già condannata come pagana da sant'Agostino[26]), oppure di riti d'acqua, come quelli, diffusi nelle località costiere della Tunisia e della Tripolitania che prevedono, per tre notti, di tuffarsi nelle onde del mare allo scopo di preservare la salute. In queste cerimonie sono solite entrare in acqua famiglie intere, portando con sé anche animali domestici. Anche se il rito è stato rivisitato in chiave islamica (quelle notti l'acqua del pozzo di Zemzem, a La Mecca, traboccherebbe, e nel mare vi sarebbero delle benefiche ondate di acqua dolce), molti chiamano questa festa "le notti dell'errore". Era infatti usanza che, per procurare fertilità e abbondanza, uomini e donne si accoppiassero tra i flutti.[27]

Iweǧǧiben

Un altro periodo molto importante per il calendario agrario è quello dell'aratura. La data che si considera fondamentale a questo proposito è il 17 di (k)tuber, in cui si può cominciare ad arare i campi.[28] Questo periodo in berbero viene chiamato aweǧǧeb o iweǧǧiben da un verbo che significa "essere opportuno, necessario" ; in arabo viene chiamato ḥertadem, vale a dire "l'aratura di Adamo", perché in quella data il nostro comune progenitore avrebbe cominciato i suoi lavori agricoli.[29]}

Interferenze col calendario islamico

A seguito dei contatti protratti per secoli con la cultura arabo-islamica, le manifestazioni che erano legate al calendario giuliano si sono a volte integrate nel calendario islamico, portando alla soppressione di alcune festività tradizionali od alla creazione di doppioni.

L'esempio più evidente è quello delle feste del nuovo anno, che in molti casi sono state trasferite al primo mese islamico, vale a dire muḥarram, e più precisamente alla festività di cashura, il 10 di quel mese. Una festività che nel mondo islamico ha un importante significato (luttuoso) nel mondo sciita, ma è praticamente ignorata nel mondo sunnita. Molti studi hanno messo in luce i rapporti tra il festeggiamento gioioso di questa festa in ambito nordafricano e antichi festeggiamenti del capodanno[30].

Tab. 3 - Corrispondenze tra i nomi arabi e berberi dei mesi islamici
 Nome araboNome berbero
1muḥàrram babiyannu (Ouargla)
 cashura'(Jerba)
2sàfaru deffer cashura
3rabìc al-àwwalelmilud
tirwayin (Marocco centrale)
4rabìc al-thàniu deffer elmilud
u deffer n tirwayin (Marocco centrale)
5jumàda al-ùlamelghes (Jerba)
6jumàda al-thaniaasgenfu n twessarin "il riposo (l'attesa) delle vecchie" (Ouargla)
sh-shaher n Fadma (Jerba)
7ràjabtwessarin "le vecchie"
8shacbanasgenfu n remdan "il riposo (l'attesa) di Ramadan" (Ouargla)
9ramadànsh-shaher n uzum' "il mese del digiuno" (Jerba)
10shawwàltfaska tameshkunt "la festa piccola" (Jerba)
11dhu l-qàcdau jar-asneth "quello tra le due (feste)" (Jerba)
12dhu l-hìjjatfaska tameqqart "la festa grande" (Jerba)

Il calendario tuareg

La costellazione della "cammella" (Orsa Maggiore più Arturo), la cui comparsa nel cielo segna l'inizio dell'anno astronomico tuareg.
Lo stesso argomento in dettaglio: Calendario tuareg.

Anche i Tuareg condividono molti elementi con i berberi del nord per quanto riguarda la divisione del tempo dell'anno. Anch'essi fanno riferimento a due cicli diversi, uno solare affine al calendario giuliano e uno basato sulla luna e di uso religioso.

Le differenze climatiche, biologiche e socio-culturali del deserto rispetto ai territori più temperati fanno sì che vi siano comunque delle differenze soprattutto nella divisione delle stagioni.[31]

Il computo degli anni

Il calendario berbero tradizionale non era legato ad un'era rispetto alla quale si contassero gli anni. Là dove si conservano modi tradizionali di calcolare gli anni (la civiltà tuareg), gli anni non vengono espressi con dei numeri ma hanno ciascuno un nome che lo caratterizza, a partire da particolari avvenimenti verificatisi in esso, come la morte di qualche personaggio importante, una battaglia sanguinosa o decisiva, ecc., ma anche eventi naturali: abbondanza di pascoli in una determinata regione, carestie, pestilenze o invasioni di cavallette.[32]

In qualche caso, gli storici hanno tramandato la memoria di alcuni anni dotati di un "nome" nei secoli passati in altre parti del Nordafrica. Per esempio, Abu Zakariyya' al-Warglani nella sua Cronaca ricorda che il 449 dell'egira (1057-1058) fu noto, nel mondo ibadita come "anno della visita" per via di una nutrita ambasceria fatta quell'anno da Tripolitani alla comunità di Ouargla; analogamente, nell'anno 461 (1068-1069) "morì Khalifa ibn Zâra e fu abbondante la pianta primaverile detta îjâl"[33].

A partire dagli anni Ottanta, però, in seguito a un'iniziativa di Ammar Neggadi, un berbero dell'Aurès che aveva fatto parte dell'Académie Berbère di Parigi e aveva poi fondato Tediut n'Aghrif Amazigh (Unione del Popolo Amazigh -UPA-)[34], si è diffuso nel mondo associativo berbero l'uso di calcolare gli anni partendo dal 950 a.C., data approssimativa di ascesa al potere del primo faraone libico in Egitto: la cosiddetta Era Sheshonq (per cui, ad esempio, l'anno 2007 del calendario gregoriano corrisponde all'anno 2957 del calendario berbero). Col passare del tempo questa che poteva sembrare un'innovazione eccentrica è stata adottata con convinzione da molti militanti della cultura berbera[35] e fa oramai parte del patrimonio identitario di questo popolo, integrata nell'insieme di usanze tradizionali relative al calendario nordafricano.

Foto scattata il 31 dicembre 2007 presso Tafraout (Marocco), con la scritta in tifinagh aseggas ameggaz ("buon anno") e in francese bonne année 2959 ("buon anno 2959" = 2009) con l'errore di 1 anno.

Neologismi e false tradizioni

Un aspetto interessante dal punto di vista antropologico, per quello che riguarda la nascita delle tradizioni, è il fiorire di innovazioni volte a "restaurare" pretese tradizioni andate perdute. È un fenomeno comprensibile, nel contesto di riscoperta di una identità a lungo negata e occultata, con l'ansia di reimpossessarsi di un patrimonio perduto o in via di sparizione[36]. In particolare è nell'ambito del calendario, sentito come particolarmente importante (ad esso è connesso il controllo del tempo), che si registrano numerose creazioni, che a volte guadagnano consensi e finiscono per essere adottate come autentico patrimonio tradizionale.[37]

I nomi dei mesi

Dal momento che non si conoscono i nomi dei mesi di epoca preromana (i nomi riportati nella tabella 1 sono noti solo agli studiosi), alcuni hanno cercato di ricostruire nomi "autenticamente berberi" dei vari mesi dell'anno[38]. Partendo dal mese più conosciuto, il primo (yennayer), vi è chi, ignorando l'evidenza dell'origine latina del nome[39], ha immaginato che esso fosse parola berbera composta da yan (il numerale "uno" in vari dialetti berberi) + (a)yur, "luna/mese", e su questa base ha ricostruito tutta la serie dei nomi di mesi: 1. yenyur o yennayur, 2. sinyur, 3. krayur, 4. kuzyur, 5. semyur, 6. sedyur, 7. sayur, 8. tamyur, 9. tzayur 10. mrayur, 11. yamrayur 12. megyur[40].

Tab. 4 - La settimana "berbera"
giornoAcadémie BerbèreComposti con numerali
lunedìaramaynas
martedìarimasinas
mercoledìahadakras
giovedìamhadakwas
venerdìsemasemwas
sabatosedasedyas
domenicaacerasamas

I giorni della settimana

Anche per i giorni della settimana si ignorano antichi nomi autoctoni, e si è cercato di "rimediare" con creazioni nuove. Attualmente ne sono in circolazione due serie. La prima e più diffusa (anche se di origine oscura) risale probabilmente agli ambienti dell'Académie Berbère di Parigi (fine anni '60)[41], mentre la seconda serie non fa che ripetere con i giorni della settimana il procedimento impiegato per i mesi, con la creazione di un suffisso -as ("giorno") invece di -yur[42]. Da notarsi che la prima serie, che inizia col lunedì[43] e fa riferimento alle denominazioni "europee", non si presta ad equivoci, mentre la seconda, che fa riferimento a un ordine numerico dei giorni (iniziando anch'esso dal lunedì), si presta a interferenze con il sistema vigente in arabo, che ha però come primo giorno la domenica, col risultato che a volte i nomi vengono impiegati per designare giorni diversi[44]. Nella sostanziale "anarchia" in fatto di denominazione dei giorni della settimana, non mancano altri ordini (e altre denominazioni), per esempio a partire dal sabato[45].

Giorni e nomi di persona

Spesso, i calendari e gli almanacchi pubblicati da militanti e associazioni culturali berbere contengono, a imitazione dei calendari occidentali, l'associazione di un nome proprio di persona ad ogni giorno dell'anno. Questo risponde anche all'esigenza di riappropriarsi dei prenomi tradizionali, che le misure di arabizzazione in Algeria e Marocco tendono a sostituire con un'onomastica rigidamente araba[46]. Anche in questo campo, emozionalmente molto sentito[47], non è raro trovare liste di nomi improvvisate con nomi raccolti alla rinfusa, esito di letture casuali e a volte anche di vere e proprie sviste o refusi tipografici.

Tre calendari berberi. Si può osservare che i nomi dei giorni della settimana sono diversi tra quello in basso a destra e quello a sinistra. Anche i nomi dei mesi sono quelli "tradizionali" a destra e "inventati" a sinistra. Tutti si rifanno all' "era Sheshonq" (gregoriano + 950).

Note

  • ^ Si veda Achab (1996: 270).
  • ^ Le calendrier berbère entre emprunts et originalité [collegamento interrotto], su kabyle.com. URL consultato il 5 marzo 2011.ORIGINE du calendrier berbère Le calendrier agraire ou julien, qui nous intéresse ici, tire son origine, ou plutôt l'origine des dénominations de ses mois, du calendrier romain établi en 45 avant J-C sous le règne de l'empereur Jules César dont il porte le nom. - L'articolo accredita come fonte del calendario berbero quello giuliano
  • ^ Secondo Achab (1996: 270) questa proposta di neologismo sarebbe stata presentata nel primo numero della rivista culturale marocchina Tifawt, curato da Hsin Hda (aprile-maggio 1994).
  • ^ Si veda Seïdh Chalah, "Asezmez (Calendrium)", rivista Tira n° 02, Yennayer 2000/2950, p. 4, che attribuisce questa serie (con inversione di arim e aram, resi con lunedì e martedì) all'Agraw n Imazighen, cioè all'"Académie Berbère". Secondo questo autore, questa serie sarebbe stata all'epoca la più diffusa in Algeria, mentre quella con i nomi formati a partire dai numerali, sarebbe stata più diffusa in Marocco.
  • ^ Su ciò, cf. in particolare Achab (1995: 270), che rileva come anche questo procedimento sia stato proposto nel primo numero della rivista Tifawt (aprile-maggio 1994), ad opera di Hsin Hda.
  • ^ Così appare di solito l'ordine dei giorni nei calendari che ne fanno uso. Inoltre, sembra di scorgere, nei giorni sem ("venerdì" e sed "sabato") un'abbreviazione dei numerali berberi semmus "5" e sedis "6", il che presuppone appunto un inizio del computo dal lunedì. Circostanza già osservata da S. Chalah, art. cit..
  • ^ Un esempio di questa confusione tra gli stessi fautori di questi neologismi: in Oulhaj (2000, p. 151), i giorni della settimana vengono presentati nell'ordine "europeo": aynas, il "giorno uno" viene fatto corrispondere al lunedì e asamas ("giorno sette") alla domenica. Ma in una frase del testo (p. 113) troviamo "Teddu s timzgida as n asedyas! 'Il faut aller à la mosquée le vendredi!'", con asedyas ("giorno sei") corrispondente a venerdì (come nell'ordine "arabo"), e non al sabato come nello specchietto di p. 151.La numerazione a partire dal lunedì sembra l'originale, secondo Achab (1995: 270); un esempio di uso a partire dalla domenica (dalla rivista marocchina Tifinagh del 1995) è visibile nell'immagine che qui presenta vari calendari berberi ("Tre calendari berberi").
  • ^ Ad esempio, un calendario creato da un'associazione libica prevede, a partire dal sabato, i seguenti giorni: asnit, tedjet, tast, tcert, tegzit, asmis, elgemet, in cui solo elgemt "venerdì" (antico prestito dall'arabo) è un nome "tradizionale".
  • ^ Un'analisi del fenomeno, della sua storia e delle implicazioni politiche e identitarie in: Mohand-Akli Haddadou, "Ethnonymie, onomastique et réappropriation identitaire. Le cas du berbère", in: Foued Laroussi (a cura di), Plurilinguisme et identités au Maghreb, [Mont-Saint-Aignan], Publications de l'Université de Rouen, 1997, p. 61-66. ISBN 2877752283
  • ^ "In momenti di conflitti linguistici e di attrito culturale, i nomi si prestano a generare risposte (…) emozionali, e la loro forza simbolica non andrebbe mai sottovalutata": Yasir Suleiman, Arabic, Self and Identity: A Study in Conflict and Displacement, Oxford, University Press, 2011, p. 226-7. ISBN 9780199747016
  • Bibliografia

    Bibliografia specifica

    • voce "Calendrier", Encyclopédie Berbère, fasc. 11 (1992), Aix-en-Provence, Edisud, ISBN 2-85744-201-7, p. 1713-1719 (testo online)
    • "Il calendario degli uomini liberi", Africa (ed. Epicentro, Ferrara), anno V, n° 16 (gennaio/febbraio 2000), pp. 30–33 [in inserto: un calendario berbero per il 2000]
    • Ramdane Achab, La néologie lexicale berbère: 1945-1995, Paris-Louvain, Peeters, 1996 - ISBN 9068318101
    • José Barrios García, "Tara: A Study on the Canarian Astronomical Pictures. Part I. Towards an interpretation of the Gáldar Painted Cave", in: F. Stanescu (ed.) Proceedings of the III SEAC Conference, Sibiu (Romania), 1-3 September 1995, Sibiu, Lucian Blaga University from Sibiu, 1999, 15 pp. - ISBN 973-651-033-6
    • José Barrios García, "Tara: A Study on the Canarian Astronomical Pictures. Part II. The acano chessbord", in: C. Jaschek & F. Atrio Barandelas (eds.). Proceedings of the IV SEAC Meeting "Astronomy and Culture" (salamanca, 2-6 Sep. 1996, Salamanca, Universidad de Salamanca, 1997, pp. 47–54 - ISBN 84-605-6954-3
    • José Barrios García, "Investigaciones sobre matemáticas y astronomía guanche. Parte III. El calendario", in: Francisco Morales Padrón (Coordinador), XVI Coloquio de historia canarioamericana (2004), Las Palmas de Gran Canaria, Cabildo de Gran Canaria - Casa de Colón, 2006 ISBN 848103407X, pp. 329–344.
    • Nico van den Boogert, "The Names of the Months in Medieval Berber", in: K. Naït-Zerrad Archiviato il 19 ottobre 2007 in Internet Archive. (a cura di), Articles de linguistique berbère. Mémorial Vycichl, Parigi 2002, pp. 137–152 - ISBN 2747527069
    • Saïd Bouterfa, Yannayer - Taburt u swgas, ou le symbole de Janus, Alger, El-Musk, 2002 - ISBN 9961-928-04-0
    • Gioia Chiauzzi, Cicli calendariali nel Magreb, in 2 voll., Napoli (Istituto Universitario Orientale) 1988.
    • Jeannine Drouin, "Calendriers berbères", in: S. Chaker & A. Zaborski (eds.), Études berbères et chamito-sémitiques. Mélanges offerts à K.-G. Prasse, Paris-Louvain, Peeters, 2000, ISBN 90-429-0826-2, pp. 113–128.
    • Henri Genevois, Le calendrier agraire et sa composition, "Le Fichier Périodique" n° 125, 1975
    • Henri Genevois, Le rituel agraire, "Le Fichier Périodique" 127, 1975, pp. 1–48
    • Mohand Akli Haddadou, Almanach berbère - assegwes Imazighen, Algeri (Editions INAS) 2002 - ISBN 9961-762-05-3
    • H. R. Idris, "Fêtes chrétiennes célébrées en Ifrîqiya à l'époque ziride", in Revue Africaine 98 (1954), pp. 261–276
    • A. Joly, "Un calendrier agricole marocain", Archives marocaines 3.2 (1905), p. 301-319.
    • Emile Laoust, Mots et choses berbères, Parigi 1920
    • Umberto Paradisi, "I tre giorni di Awussu a Zuara (Tripolitania)", AION n.s. 14 (1964), pp. 415–9
    • Luigi Serra, articolo "Awussu" in 'Encyclopédie Berbère, fasc. 8 (1990), pp. 1198-1200 (testo online)
    • Jean Servier, Les portes de l'Année. Rites et symboles. L'Algérie dans la tradition méditerranéenne, Paris, R. Laffont, 1962 (riedizione: Monaco, Le Rocher, 1985 -ISBN 2-268-00369-8)

    Altri testi citati

    • Vermondo Brugnatelli, "Enseigner tamazight en tamazight. Notes de métalinguistique berbère" in : Marielle Rispail (sous la direction de), Langues maternelles : contacts, variations et enseignement. Le cas de la langue amazighe, [atti del colloquio internazionale su "L'enseignement des langues maternelles", Tizi-Ouzou 24-26 maggio 2003] Paris, L'Harmattan, 2005 (ISBN 2-7475-8414-3), p. 311-320.
    • Jean-Marie Dallet, Dictionnaire kabyle-français. Parler des At Mangellat, Algérie, Paris, SELAF, 1982.
    • Jean Delheure, Vivre et mourir à Ouargla - Tameddurt t-tmettant Wargren, Paris, SELAF, 1988 ISBN 2-85297-196-8.
    • Edmond Doutté, Magie et religion dans l'Afrique du Nord, Alger, Jourdan, 1909.
    • A. Hanoteau, A. Letourneux, La Kabylie et les coutumes kabyles, Paris: Challamel, 1893 (3 vols.); rist. Bouchene 2003, ISBN 2-912946-43-3
    • Émile Masqueray, Formation des cités chez les populations sédentaires de l'Algérie (Kabyles du Djurdjura, Chaouïa de l'Aourâs, Beni Mezâb), Paris, Leroux, 1886.
    • Lahcen Oulhaj, Grammaire du tamazight: eléments pour une standardisation, Rabat, Centre Tarik ibn Zyad pour les études et la recherche, 2000.
    • G. Salmon, "Une tribu marocaine: Les Fahçya", Archives marocaines 1.2 (1904), p. 149-261.

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