Crisi degli ostaggi in Algeria

La crisi degli ostaggi in Algeria cominciò il 16 gennaio 2013, quando dei miliziani affiliati ad al-Qaeda con una brigata comandata da Mokhtar Belmokhtar sequestrarono oltre 800 persone di diverse nazionalità nell'impianto di estrazione del gas di Tigantourine, vicino ad In Aménas, nell'est dell'Algeria.[4] Uno dei maggiori luogotenenti di Belmokhtar, Abdul al Nigeri, guidò l'attacco[5] e fu tra i terroristi uccisi.[6] Dopo quattro giorni, le forze speciali algerine fecero un'incursione nel sito, in uno sforzo per liberare gli ostaggi.[7]

Crisi degli ostaggi in Algeria
Luogo dove è avvenuto il sequestro
Tiposequestro di massa
Data16 gennaio-19 gennaio 2013
13.30 ora locale –
LuogoAd ovest di In Aménas, Algeria
StatoBandiera dell'Algeria Algeria
Coordinate27°55′37″N 9°06′53″E / 27.926944°N 9.114722°E27.926944; 9.114722
ObiettivoLavoratori impianto gas di In Amenas
Responsabili Miliziani collegati ad al-Qāʿida
MotivazioneOperazione Serval
Conseguenze
Mortialmeno 67 (almeno 37 ostaggi stranieri, una guardia giurata algerina e 29 militanti)[1][2][3]
Feritinumero sconosciuto

Almeno 39 ostaggi stranieri rimasero uccisi, insieme ad una guardia giurata algerina, così come 29 militanti.[8] Furono liberati 685 lavoratori algerini e 107 stranieri.[1][9] Tre miliziani furono catturati.[8]

Il sequestro e il blitz

Il 16 gennaio 2013, mentre 700 lavoratori erano in arrivo con dei pullman nell'impianto del gas, un commando di circa 30 uomini, legati presumibilmente ad al-Qaida li ha sequestrati.Durante il sequestro morirono 7 persone. Come l'assalto è cominciato, una guardia di nome Mohamed Lamine Lahmar è riuscita ad attivare un allarme, avvertendo che un attacco terroristico era in corso. Le azioni di Lahmar hanno reso possibile salvare numerose persone. Lahmar è stato poi colpito a morte dai terroristi.Diffusa la notizia, immediatamente, l'esercito algerino ha circondato il sito. Dopo 24 ore di pressioni da parte di tutto il mondo, i miliziani ancora non si erano arresi.Così l'esercito algerino pianificò un blitz, nel quale sarebbero stati liberati gli ostaggi.Il blitz prevedeva anche l'uso di elicotteri e bombardieri.A 24 ore dalla strage, decine di ostaggi erano ancora nelle mani dei sequestratori, anche se il sito era accerchiato e sorvolato da forze speciali algerine. Il 19 gennaio, dopo che l'esercitò trovò 15 corpi di ostaggi carbonizzati, attuò un secondo blitz nel quale solo gli ultimi 3 ostaggi si salvarono dato che erano riusciti a fuggire; tutti gli altri 15 ostaggi erano già stati uccisi.

Vittime

Il 19 gennaio, 11 militanti e 7 ostaggi rimasero uccisi nell'assalto finale per porre fine al sequestro. Inoltre, 16 ostaggi stranieri vennero liberati, tra cui 2 statunitensi, 2 tedeschi e 1 portoghese.[10]

Un ostaggio algerino (una guardia giurata) e 39 ostaggi stranieri di nove differenti Paesi sono stati uccisi.[3] La ripartizione delle nazionalità degli ostaggi morti è la seguente:[11]

Vittime per nazionalità
NazionalitàMorti
Giappone10
Filippine8
Norvegia5
Regno Unito5
Stati Uniti3
Malaysia2
Romania2
Algeria1
Colombia1
Francia1

Elenco delle vittime

Numero vittimePaeseNomiNote
10 Giappone
8 FilippineNomi non resi noti2 dispersi[20][21][22]
5 Norvegia
5 Regno Unito
  • Garry Barlow, 49 anni, di Liverpool;
  • Carson Bilsland, 46 anni, di Bridge of Cally, Perthshire, Scozia;
  • Sebastian John, 26 anni, di Gamston;
  • Paul Morgan, 46 anni, di Liverpool; e
  • Kenneth Whiteside, 59 anni, di Glenrothes, Fife, Scozia.[13][27]
3 Stati Uniti
2 Malaysia
2 Romania
1 AlgeriaMohamed Lamine Lahmarguardia giurata
1 ColombiaCarlos Estrada, di Bogotà.[37][38]Viveva a Chelsea, Londra.
BP Vice Presidente per il Nord Africa.[39][40]
1 FranciaYann Desjeux, 52 anni, di Anglet.[41][42]

Reazioni internazionali

  • :condannano pienamente il sequestro. Riferiscono di non essere stati avvisati per il blitz. In seguito al blitz decidono di mandare un aereo in aiuto all'aviazione algerina.
  • : condanna il gesto definendolo vile. Riunione d'emergenza a Londra per eventuale intervento.
  • : dura condanna del premier Shinzō Abe che incontra l'ambasciatore algerino a Tokyo per avere spiegazioni in merito.

Note

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