Impatto su Giove del luglio 2009

Voce principale: Eventi d'impatto su Giove.

Nel luglio del 2009 si è verificato l'impatto di un oggetto celeste, molto probabilmente asteroidale,[1][2] su Giove che ha prodotto nell'atmosfera del pianeta una macchia scura, simile in dimensioni alla Piccola Macchia Rossa, corrispondenti a quelle dell'Oceano Pacifico.[3] L'impatto è avvenuto sul lato nascosto del pianeta il 19 luglio, tra le 7:40 e le 14:00 UT.[4] La cicatrice ha mantenuto la sua forma e colore per circa due settimane,[5] per dissolversi poi nell'atmosfera entro la fine del mese di agosto.[6]

Immagine del segno (visibile in basso come un ovale luminoso) lasciato in seguito all'impatto di una cometa o di un asteroide con Giove, nel luglio del 2009. L'immagine è stata raccolta dall'Infrared Telescope Facility della NASA, sul vulcano Mauna Kea, nelle Hawaii.

Scoperta

L'astrofilo australiano Anthony Wesley scoprì i segni dell'impatto alle 13:30 UTC circa del 19 luglio 2009 (quasi esattamente 15 anni dopo l'impatto della Cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove), dal suo osservatorio domestico a Murrumbateman, nel Nuovo Galles del Sud, utilizzando un telescopio riflettore da 14,5 pollici (36,8 cm) equipaggiato con una webcam.[7][8] Wesley ha dichiarato:

«A prima vista, prossima al bordo (ed in cattive condizioni [osservative]) è apparsa soltanto come una vaga macchia scura, ed [ho pensato] che fosse una normale tempesta polare scura. Tuttavia, mentre ruotando appariva ulteriormente nella vista e grazie al miglioramento delle condizioni [osservative], compresi improvvisamente che non era soltanto scura, bensì totalmente nera a tutte le lunghezze d'onda.[9]»

Wesley comunicò celermente la scoperta via e-mail ad altri astrofili ed astronomi, incluso il Jet Propulsion Laboratory (JPL), centro NASA con sede a Pasadena, in California.[10][11]

Rilevazioni scientifiche

Paul Kalas ed i suoi collaboratori avevano prenotato il telescopio Keck II, presso l'Osservatorio di Mauna Kea, per osservare Fomalhaut b. Il telescopio fu ridiretto ad ogni modo verso Giove e poté fornire una delle prime conferme dell'impatto.[12]
Osservazioni nell'infrarosso condotte con il telescopio Keck e con l'Infrared Telescope Facility (IRTF) della NASA,[3] entrambi presso il Mauna Kea, rilevarono una macchia luminosa sul punto d'impatto e permisero di determinare che l'impatto aveva scaldato un'area di 190 milioni di km² della bassa atmosfera a 305° Ovest e 57° Sud, in prossimità del polo sud gioviano.[3]

Per avere un'idea delle dimensioni dell'oggetto impattante sarebbe stato necessario conoscerne la velocità, la composizione e l'angolo d'ingresso,[13] pertanto, gli studiosi in un primo momento non indicarono stime.[13][14][15][16]Interpretando i dati in funzione di quelli raccolti durante l'impatto della Cometa Shoemaker-Levy 9, fu successivamente proposto che questo oggetto avesse un diametro inferiore al chilometro.[17]Inoltre, poiché durante la precedente rotazione del pianeta non erano state osservate macchie anomale, John Rogers dedusse che l'impatto era avvenuto sul lato nascosto del pianeta, tra le 7:40 e le 14:00 UT del 19 luglio.[4]

Le caratteristiche della macchia indicarono che essa era costituita da aerosol presenti alle alte altitudini, simili a quelli osservati durante l'impatto della Cometa Shoemaker-Levy 9.[12] Dalle osservazioni alle lunghezze d'onda del vicino infrarosso, Glenn Orton ed i suoi collaboratori scoprirono brillanti particelle in risalita nell'atmosfera superiore del pianeta, mentre le osservazioni nel medio infrarosso rivelarono emissioni di gas d'ammoniaca.[11][18]

Gli astronomi continuarono ad osservare l'area dell'impatto con una varietà di strumenti, inclusi i telescopi Keck[12] ed il Telescopio spaziale Hubble, la cui strumentazione era stata recentemente aggiornata nel corso della missione STS-125 dello Space Shuttle Atlantis.[3]

L'oggetto impattante

Immagine della cicatrice dell'impatto dell'oggetto sull'atmosfera gioviana ripresa dal Telescopio spaziale Hubble.

Sebbene non fosse stata esclusa la possibilità che l'oggetto impattante fosse un asteroide, nei primi comunicati[7][8] godette di maggior forza la supposizione che potesse essersi trattato di una cometa. Ciò era coerente con le ipotesi sull'evoluzione dinamica della famiglia delle comete gioviane, composta da un numero di oggetti maggiore rispetto a quello degli asteroidi zenosecanti, e quindi ad una probabilità di impatto maggiore.[2] Tuttavia, studi successivi hanno rafforzato sempre più l'idea che l'oggetto impattante sia stato in realtà un asteroide.

In concomitanza con l'impatto su Giove del giugno 2010, la NASA fornì al riguardo maggiori informazioni.[19] In particolare, successivi confronti fra le immagini delle macchie scure prodottesi, in conseguenza degli impatti, nel 1994 e nel 2009, riprese dal Telescopio spaziale Hubble, permisero a Heidi Hammel e colleghi di valutare con sufficiente sicurezza le dimensioni dell'oggetto impattante: un asteroide di circa 500 m di diametro.[1] La rapida dissolvenza delle macchie nel 2009, rispetto a quanto accaduto nel 1994, infatti, aveva rivelato l'assenza di grandi quantità di materiali volatili sul corpo impattante, permettendo così di escludere che potesse essersi trattato di una cometa.[20]

Conclusioni simili sono state raggiunte da Orton, Fletcher et al. nel 2011, che hanno stimato per l'asteroide un diametro di 200–500 m.[2] Le misure del quantitativo di silicio e suoi composti presenti nella nube prodottasi nell'impatto sono tali da escludere che possa essersi trattato di una cometa, pur privata del suo generalmente alto contenuto di materiali volatili in seguito a ripetuti passaggi in prossimità del Sole.[2] L'alternativa sarebbe che la nostra conoscenza sulla composizione interna delle comete sia inesatta.

Agustín Sanchez-Lavéga e colleghi hanno condotto studi orbitali che, letti alla luce della determinazione della natura asteroidale dell'oggetto,[19] ne suggeriscono l'appartenenza alla famiglia Hilda,[21] composta da asteroidi intrappolati in un rapporto di risonanza orbitale 2:3 con il pianeta Giove.

Note

(EN) Anthony Wesley, Impact mark on Jupiter, 19th July 2009, su jupiter.samba.org, (jupiter.samba.org). URL consultato il 23 luglio 2009.
  • ^ (EN) Toni and agencies O'Loughlin, Amateur astronomer spots Earth-size scar on Jupiter, su guardian.co.uk, The Guardian. URL consultato il 23 luglio 2009.
  • ^ a b (EN) Carolina Martinez, New NASA Images Indicate Object Hits Jupiter, su nasa.gov, Jet Propulsion Laboratory, NASA, 20 luglio 2009. URL consultato il 23 luglio 2009.
  • ^ a b c (EN) Jupiter adds a feature, su keckobservatory.org, Keck Observatory, 21 luglio 2009. URL consultato il 23 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2011).
  • ^ a b (EN) Lisa Grossman, Jupiter sports new 'bruise' from impact, su newscientist.com, New Scientist, 21 luglio 2009. URL consultato il 22 luglio 2009.
  • ^ (EN) Sophie Tedmanson, Backyard astronomer discovers black spot on Jupiter, su timesonline.co.uk, The Times, 22 luglio 2009. URL consultato il 23 luglio 2009.
  • ^ (EN) Giant "scar" on Jupiter spotted by amateur stargazer, su uk.reuters.com, Reuters, 21 luglio 2009. URL consultato il 23 luglio 2009.
  • ^ (EN) Ker Than, PHOTO: Jupiter Impact Creates Huge New Spot, su news.nationalgeographic.com, National Geographic, 21 luglio 2009. URL consultato il 23 luglio 2009.
  • ^ (EN) D.A. Crawford, Comet Shoemaker-Levy 9 Fragment Size (PDF), su Lunar and Planetary Science XXVIII, Lunar and Planetary Institute. URL consultato il 23 luglio 2009.
  • ^ Fletcher, L.N.; Orton, G.S. et al., 2011.
  • ^ a b (EN) Hubble Images Suggest Rogue Asteroid Smacked Jupiter, su nasa.gov, NASA, 3 giugno 2010. URL consultato il 5 giugno 2010.
  • ^ (EN) Denise Chow, Rogue Asteroid, Not Comet, Smacked Into Jupiter, su space.com, 3 giugno 2010. URL consultato il 5 giugno 2010.
  • ^ Sánchez-Lavega, A. et al., 2010.
  • Bibliografia

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