Lavoro riproduttivo
Con lavoro riproduttivo, o lavoro della riproduzione, in sociologia, demografia ed economia ci si riferisce ad un ambito piuttosto vasto di pratiche necessarie alla riproduzione nella società umana. L'espressione copre un insieme di significati che vanno dal lavoro domestico, necessario alla cura degli spazi domestici, alla riproduzione della specie tramite la generazione (gravidanza, parto, allattamento), all'accudimento ed educazione dei figli, fino ad arrivare alle relazioni di cura, nel cui ambito ricadono tutte le relazioni di supporto verso altri esseri umani, sia in forma materiale che psicologica (emotività, affetto e sesso).[2][3]
Il concetto trova la sua origine negli studi femministi e di economia marxista[4], in relazione alla disuguaglianza di genere,[5] per evidenziare una divisione sessuale implicita nelle società moderne. Tale divisione struttura in maniera diseguale il lavoro secondo una relazione di predominio e di potere: da un lato il lavoro produttivo, tipicamente maschile, dall'altro quello riproduttivo, tipicamente femminile.[6] Il lavoro produttivo, ossia quello rivolto alla produzione di beni e servizi che nelle società industriali solitamente avviene fuori dall'abitazione, è quello retribuito. Il lavoro riproduttivo, invece, è quello svolto principalmente all'interno dell'abitazione; esso non è retribuito né riconosciuto ed è storicamente il ruolo in cui sono state relegate le donne e le soggettività non dominanti all'interno della società.[7][8]