Momordica charantia

specie di pianta della famiglia Cucurbitaceae

Momordica charantia L. , nota come ampalaya, è una pianta rampicante tropicale e subtropicale della famiglia delle Cucurbitaceae,[1] particolarmente diffusa in Asia e in Africa per i suoi frutti e le foglie, che sono commestibili. Il frutto, conosciuto in italiano come zucca amara o anche pera di balsamo, è un ingrediente largamente utilizzato in gastronomia in diverse cucine asiatiche.[2]

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Momordica charantia
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione APG IV
DominioEukaryota
RegnoPlantae
(clade)Angiosperme
(clade)Mesangiosperme
(clade)Eudicotiledoni
(clade)Eudicotiledoni centrali
(clade)Superrosidi
(clade)Rosidi
(clade)Eurosidi
(clade)Eurosidi I
OrdineCucurbitales
FamigliaCucurbitaceae
GenereMomordica
SpecieM. charantia
Classificazione Cronquist
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisioneMagnoliophyta
ClasseMagnoliopsida
SottoclasseDilleniidae
OrdineViolales
FamigliaCucurbitaceae
GenereMomordica
SpecieM. charantia
Nomenclatura binomiale
Momordica charantia
L., 1753

Storia

Originaria dell'India, la pianta fu introdotta in Cina nel XIV secolo. Il suo frutto ha trovato largo impiego nelle cucine di Asia orientale, Asia meridionale e Sud-est asiatico. In ogni Paese è stato chiamato con un nome diverso e viene cucinato con un’ampia varietà di ricette differenti. La zucca amara è diventata famosa in tutto il mondo soprattutto per le sue proprietà benefiche.[2]

Descrizione

Una Momordica charantia completa con due sezioni dimezzate e due trasversali

È una pianta rampicante erbacea a viticcio che può crescere fino a un'altezza di 5 metri. Le foglie si distribuiscono alternate sul fusto, hanno un diametro che va dai 4 ai 12 centimetri e presentano dai 3 ai 7 lobi profondamente separati. Nell'emisfero nord i frutti si raccolgono da settembre a novembre, mentre la fioritura si ha tra giugno e luglio; produce fiori gialli sia maschili che femminili. Nelle zone temperate è una pianta annuale che resiste al gelo, mentre è una pianta perenne nei climi tropicali.[3]

Vi sono diverse varietà di ampalaya, con frutti simili nella forma ma differenti per dimensione, colore e grado di amarezza, mentre rimane sostanzialmente identico il sapore, considerato una via di mezzo tra quelli di una zucca e di una zucchina. Le due varietà principali di zucca amara sono quella indiana, la cui buccia presenta escrescenze simili a bitorzoli, mentre quella cinese la buccia più liscia e meno amara. La parte utilizzata in gastronomia è quella più esterna del frutto, raccolto prima della completa maturazione in modo da ridurre il gusto particolarmente amaro che assume la parte esterna, tipico del frutto pienamente maturo, la cui parte interna diventa invece molto dolce.[2][3]

Proprietà terapeutiche

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

Il frutto di ampalaya contiene fibre, sali minerali, fosforo, ferro, calcio, vitamine (soprattutto A, B e C), beta carotene e potassio. Alcuni studi hanno rilevato che contiene inoltre il polipeptide-P, sostanza avente effetti simili a quelli dell'insulina, in grado di regolare i livelli di zucchero nel sangue ai malati di diabete mellito di tipo 2. Secondo altri studi, il succo di zucca amara aiuterebbe anche a combattere alcuni tipi di cancro, problemi dello stomaco e dell'intestino, psoriasi e malattie del fegato.[2][3]

È anche antimicrobico e antivirale, usato per trattare le ulcere e l'HIV. Con un decotto della radice si possono curare dissenteria, reumatismi e gotta. Come antiossidante, il frutto abbassa i livelli di colesterolo cattivo, riducendo il rischio di malattie cardiache. Un consumo eccessivo può diminuire la produzione di sperma negli uomini e causare sterilità.[3] La pianta è molto usata nella medicina ayurvedica e anche le foglie e i semi sono molto nutrienti.

Etimologia

Il nome Momòrdica deriva da momordi, passato del verbo mordeo, mordēre, "mordere", per i semi a margine eroso come se fossero stati morsicati. Potrebbe anche riferirsi all'aspetto del frutto, che sembra essere stato masticato.L'epiteto specifico Charantia deriva dall'antico nome italiano caranza, in quanto è facile disporre questa pianta rampicante a pergolato; il termine è derivato dal greco χάραξ, chárax, "palo di sostegno", "canna".

Nomi alternativi

Indiano: karela[2]

Inglese: bitter melon[3]

Cinese mandarino: kugua (苦瓜)

Giapponese: nigauri, goya (a Okinawa)

Indonesiano: paria

Filippino: ampalaya o amargoso

Vietnamita: khổ qua

Distribuzione e habitat

Diffusa inizialmente in Asia e in Africa, in tempi più recenti ha avuto inizio la sua coltivazione in altri continenti in diversi Paesi, tra cui l'Italia.[2]

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Note

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